Ode al gioco di ruolo

Ha una storia molto lunga, il gioco di ruolo, molto più di quella che si potrebbe ipotizzare. Partendo infatti dal presupposto che i moderni gdr discendono dai wargame, e che il padre di questi fu inventato addirittura nel 1780, il roleplay sarebbe dunque addirittura più antico di forme espressive quali cinema, radio-televisione o fumetto, oggi ritenute come autentiche forme d’arte dopo essere state per lungo tempo snobbate, soprattutto a causa della loro popolarità presso il ceto medio.

Curioso, perché a pensarci bene i giochi di ruolo in effetti presentano delle componenti che alle arti, tanto quelle antiche quanto quelle più recenti, attingono direttamente. Qualcuno magari sarà rimasto sorpreso, ma proviamo a riflettere insieme.

Quando un master tratteggia lo sviluppo di una storia, non sta forse eseguendo un lavoro simile a quello di uno scrittore con un’opera di letteratura o di uno sceneggiatore di film o fumetto? Quando un giocatore interpreta un personaggio, non sta forse ricorrendo a doti che, a livello più professionale, sono proprie di chi pratica arti performative, in particolare (ça va sans dire) la recitazione?

Ecco allora che il gioco di ruolo, pur declinandosi in chiave marcatamente ludica, rappresenta in nuce un approccio amatoriale e popolare a virtuosismi che possono essere presi come modelli positivi. E non è il solo aspetto positivo.

Oltre ad alimentare una cruciale propensione alla collaborazione, infatti, il gioco di ruolo offre anche la possibilità al giocatore di diventare lui stesso parte integrante del mondo narrativo di cui ha scelto di far parte. Contemporaneamente, e qui si apre una prospettiva interessante, nel momento in cui questi si cala nei panni del suo personaggio va altresì ad offrire un contributo creativo concreto alla costruzione di quella realtà diegetica specifica.

Un particolare che di per sé potrebbe apparire marginale, ma che invece è alquanto significativo. Quante volte, infatti, abbiamo sentito lamentele (giuste) sulla ripetitività di franchise mediali, specie quelli provenienti dai grandi conglomerati mediali statunitensi? Il gioco di ruolo “dal basso”, in questo senso, è una soluzione.

Ancorché praticato dal basso, il gioco di ruolo offre diverse possibilità, inclusi sbocchi narrativi interessanti, anche perché non essendo vincolato a logiche di mercato, ma solo di intrattenimento personale, può permettersi di rischiare di più. E se è vero che si rimane pur sempre nel terreno della fanfiction, è altrettanto chiaro che la rete dà la possibilità di far conoscere le proprie storie ed entrare in contatto con quelle degli altri, generando una rete potenzialmente illimitata.

In buona sostanza: il gioco di ruolo come anticorpo alla pigrizia di certi schemi narrativi? E perché no!