È il momento di rilanciare Conan il Barbaro

Ormai anche tanti non addetti ai lavori hanno preso confidenza con il concetto di “media franchise”. Ancorché nuovo, esso affonda le proprie radici nella metà degli anni Settanta, quando Lo Squalo (1975, Steven Spielberg) e Star Wars-Una nuova speranza (1977, George Lucas) diedero il via ad un nuovo impianto produttivo basato su universi narrativi sfruttabili commercialmente ad espandersi ad libitum attraverso vari media.

“Guerre Stellari”continua ad esserne grande protagonista, così come fanno bella mostra di sé tra i franchise più remunerativi i vari il Wizarding World di Harry Potter, il Marvel Cinematic Universe, Star Trek, Jurassik Park e la Terra di Mezzo di Tolkien. Uno, invece, pare sia stato frettolosamente dimenticato.

Curioso, perché Conan il Barbaro non solo ha una storia più antica del Signore degli Anelli, ma ad un certo punto è stato (e per molti lo è ancora) un personaggio cult. Nato nel 1932 dal genio maledetto di Robert Ervin Howard per rivista Weird Tales, il Cimmero iniziò ad incontrare un certo successo dal racconto La Torre dell’Elefante (1933).

Forse per il suo carattere indomito, forse perché si trattava di un muscolare ma astuto, forse per le critiche sociali implicite nel racconto, Conan acquisì una popolarità che rimase immutata anche quando il suo autore, nel 1936, diede prematuramente conclusione al proprio viaggio terreno. Uscirono opere postume, di cui una dello stesso Howard, e l’intero ciclo venne poi riorganizzato cronologicamente in modo che i lettori potessero avvicinarcisi leggendo in sequenza.

Va da sé, tuttavia, che materiale così prezioso non poteva non destare l’attenzione di Hollywood, tanto più che anche la Marvel, assurta nel frattempo a potenza del mondo fumettistico, aveva affidato al talento di Roy Thomas un filone basato sul personaggio (1970). Fu così che, nel 1982, dunque quasi cinquant’anni dopo la morte dell’autore, uscì al cinema Conan il Barbaro, diretto da John Milius e con un Arnold Schwarznegger al suo esordio come personaggio principale, dopo un decennio in cui era stato, al massimo, co-protagonista.

A questo film seguirono poi Conan il Distruttore (1984, Richard Fleischer), scollegato rispetto alle vicende del predecessore, e la serie tv animata Conan (1992) che in Italia arrivò poi due anni dopo. Da lì, il nulla, anche se la comunità di giocatori di ruolo ha posto i racconti sul famoso guerriero tra le origini del proprio passatempo preferito.

No, non è vero, effettivamente si è tentato un rilancio, con Conan The Barbarian (2011, Marcus Nispet) e Jason Momoa a prestare il volto al Cimmero. Purtroppo incasso e critica hanno bocciato senza appello il progetto, a tal punto che viene da pensare che sia quello il motivo per il quale del possente guerriero si siano perse le tracce.

Un vero peccato, perché ci sono personaggi che, come lui, hanno ancora qualcosa da dire al pubblico di oggi, ma a cui, a differenza del guerriero di Robert Howard, una seconda o terza possibilità cinematografica è stata offerta nonostante un tonfo ben più clamoroso (qualcuno ha detto Fantastici Quattro?). Ecco allora che, per i tempi difficili che stiamo vivendo a livello politico, le riflessioni sulla civiltà e sulle interrelazioni tra le persone che Conan è in grado di suscitare possono dire ancora qualcosa a quel pubblico di oggi che intenda mettersi in ascolto.

Cara Hollywood, non sarebbe il caso, tra tanta spazzatura che butti fuori, di tentare il rilancio di un franchise dimenticato ma di grande impatto?