C’era una volta il blockbuster

In principio fu Star Wars…

No, non è vero. In principio fu Lo squalo, anche se gli antropologi David Sutton e Peter Wogan nelle loro ricerche hanno identificato il prototipo del blockbuster ne Il Padrino (Francis Ford Coppola, 1972).

Gli storici del cinema concordano tuttavia nello stabilire l’inizio della stagione dei film ad alto budget nel lancio del lungometraggio di Steven Spielberg del 1975, in quanto primo ad essere accompagnato da una serie di strategie produttive e distributive pianificate per massimizzarne i profitti.

Accanto all’uscita nei cinema le produzioni hanno sempre predispoto campagne pubblicitarie capillari, eventuale merchandising e sfruttamento di seconde finestre (quelle televisive e home video ieri, i servizi di streaming oggi). L’avvento di Star Wars-Una nuova speranza (George Lucas, 1977), poi, contribuì a definire ulteriormente i caratteri del blockbuster come lo conosciamo oggi: ritmi veloci trama lineare e il più possibile archetipica al fine di intercettare tipologie diverse di pubblico.

A stretto giro di posta tornò in auge Superman (Richard Donner 1978) e comparvero Alien (Ridley Scott), Indiana Jones e i predatori dell’arca perduta (1981), Ghostbusters (1984) e poi via via tutti gli altri. Si apriva, anche si di ciò si sarebbe preso coscienza solo dopo, l’era dell’ecosistema narrativo, ovvero di quella narrazione che parte da un testo e poi si espande in molteplici contenitori mediali, generando una gemmazione di oggetti testuali.

In questa logica, il cinema è sempre stato la locomotiva. E la domanda, come direbbe Lubrano, a questo punto sorge spontanea: qual è lo stato di salute del blockbuster, oggi?

Ecco, non buona. L’aver saturato il mercato con una pletora di film e serie tv in uscita ogni anno (complice la Marvel, ma non solo) e una scrittura spesso non all’altezza ha fatto sì che il pubblico di questo tipo di lungometraggi arrivasse ad avere un po’ il fiato corto , con l’eccezione per le produzioni di Christopher Nolan che riesce, unico nel suo genere, a fare blockbuster per intellettuali.

Il punto più basso, per il resto, è stato il disavanzo di The Marvels dell’universo cinematografico Marvel, costato più del reddito che ha generato, ma certamente anche altri franchise mediali stanno attraversando un periodo di grande appannamento. Esiste dunque una soluzione?

Sì, è quella che potrebbe aver offerto Matt Reeves con The Batman. Il regista newyorchese ha infatti preso un personaggio visto tante volte sul grande e piccolo schermo e ha fuso il genere blockbuster, solitamente d’azione, con il noir, che invece vive di ritmi compassati.

Pur se non perfetto (è pur sempre un esperimento), l’ibridazione proposta in The Batman potrebbe essere la chiave di volta per ridare slancio ad tipo di film che ha come aspetto positivo predominante il fatto di essere di stampo marcatamente popolare. Contestualmente, però, occorrerà ridurre il numero di produzioni ad alto budget in uscita ogni anno. La corda, altrimenti, finirà per spezzarsi.