Zero Titoli: Gianluca Roncato

Storie di chi ha vinto lontano dai riflettori

Gianluca Roncato, quanti titoli hai vinto?

Ah, in passato ne ho vinti diversi, tra i vari giochi televisivi a cui ho partecipato. Possiamo partire dal 1986 fino a quando è finita la prima parte della mia carriera televisiva, nel 2011.

Cominciai con una macchina, una Seat Honda, con Mike Buongiorno a Pentatlon, poi fui ripescato l’anno dopo e ho vinto sessanta milioni.

Poi dopo Il pranzo è servito, di cui ho vinto due puntate nel 1988. Nel 1989 ho vinto un viaggio a Il gioco delle coppie. Poi andiamo al 1994/95 con un altro viaggio, nel Mar Rosso con Fiorello in Non dimenticate lo spazzolino da denti.

Nel 1996 ho vinto una puntata di Luna Park con Mara Venier, mentre l’anno successivo ho avuto la vincita più grossa, di duecento milioni di lire con il programma Telemania di Mike Buongiorno, in cui mi presentai portando come tema del quiz la vita dello stesso Mike. Poi dopo ho quasi solo partecipato.

La sai l’ultima non ho vinto niente, Chi vuol essere miliardario nemmeno. A Quiz show invece ho vinto un milione con Amadeus, nel 2000.

Poi andiamo a Sei più bravo di un ragazzino di quinta, Sky 1. L’anno era il 2008, ed in pratica si trattava di un Milionario con domande di scuola elementare dei bambini, ho vinto sui quattromila euro. E poi l’ultima volta è stata nel 2011, il premio alla Corrida di Flavio Insinna.

Poi credo di non aver più vinto a concorsi.

A livello personale ho invece vinto un premio dedicato, il premio Crocitti nel 2021, come attore emergente. E dirai “Come può essere emergente uno che ha più di 50 anni?”. Beh, uno può anche emergere a cinquanta, sessant’anni.

La tua carriera è stata più una Corrida, un Luna Park o una Telemania?

Allora, la mia carriera televisiva è stata, diciamo così, una Telemania che praticamente è diventata un po’ Corrida e un po’ Luna Park. Ma partiamo dall’inizio.

Io sono sempre legato al mondo della televisione. È partita da lì, dalla televisione, quindi Telemania, mania della televisione, perché da bambino, siccome ero molto fragile a livello di salute, finivo spesso a guardare questa scatola incantata, che ancora era in bianco e nero.

Guardavo Rischiatutto con Mike Buongiorno, Domenica In, con Corrado, Portobello con Tortora. E sognavo di entrarci dentro.

Quindi è cominciata così. Poi dopo, Telemania appunto per questo.

Corrida invece perché sono passato da un programma all’altro, ho conosciuto tanti presentatori, cambiando anche giochi, situazioni. E Luna Park appunto perché è un mondo incantato, come sono i luna park con le giostre in cui ti danno premi.

Se fossi un quiz a cui hai partecipato, quale saresti?

Sicuramente Telemania, che era sulla storia della televisione.

Un quiz come Giorno dopo giorno, che si basava sugli eventi storici accaduti in una certa data, può essere la soluzione in una società che tende a consumare troppo in fretta anche gli eventi?

In quel periodo storico in cui andò in onda, ai primi del secolo, sì. Adesso non lo so, non credo. Però sì, è una memoria storica, tipo un Almanacco del giorno dopo, un altro programma della Rai che adesso non c’è più.

Perché vedere queste adesso si vedono poi soltanto su Rai Storia, che è un canale tematico dove ogni giorno c’è proprio un programma dedicato agli avvenimenti che sono successi in quella giornata. Ma lì è tutto un mondo che è usa-e-getta, tutto è di corsa, non rimane niente. Perché una volta rimanevano i campioni anche dei telequiz, adesso è tutta una toccata e fuga.

Poi è cambiato tutto con l’avvento dei social, lo sai anche tu, con Facebook, Instagram, TikTok. È cambiato perché, quando ho iniziato io, era bello che la gente ti riconoscesse per strada, dopo che ti aveva visto in televisione.

Allora c’era la memoria, non c’era il social. Adesso invece ti ho visto su Facebook, e ti posso vedere ancora e ancora.

All’epoca invece ti ricordavi quello che avevi visto la sera qualche giorno prima. “Quello è il campione di Pentatlon, il campione di Telemania, di Il pranzo è servito”.

Adesso tutto rimane, ma in maniera diversa. Però una volta era più qualcosa che rimaneva a te, dentro. Adesso è qualcosa che rimane fuori, però ha un valore, un significato diverso.

Mi vengono in mente i “mi piace” su Facebook o i cuoricini di Instagram. Nel senso che sono come premi.

Adesso non c’è più uno per apparire, non deve più andare in televisione. Per apparire basta che faccia qualcosa e la pubblichi sui social.

I Migliori Anni della televisione italiana sono alle spalle o di fronte?

Sono alle spalle, perché fondamentalmente una volta la televisione era più una televisione che rimaneva. Adesso no, e non la apprezzo.

Vedi, ad esempio, il vincitore di Sanremo: se chiedi in giro chi ha vinto Sanremo la persona comune non se lo ricorda. All’epoca no, tutto rimaneva, forse perché c’era meno cose.

Ripeto, è stato l’avvento dei social. Come dicevo, adesso è tutto un usa-e-getta.

E anche certe cose che c’erano una volta, adesso, possono far parte di una memoria storica, però non rappresentano una cosa presente che uno vive.

Un’atmosfera come quella di Bar Stella è ciò che serve per tenere insieme una comunità?

Sì, perchè è un’atmosfera bella, festosa. Tipo Quelli della notte, che però io ho vissuto unicamente come telespettatore.

Bar Stella poi era registrato a Napoli, ed è un’atmosfera proprio napoletana, partenopea. Un ambiente allegro, che tiene unite le persone, le cose. Devo dire che sono stato accolto molto bene, ed è un’esperienza che mi porto dentro.

Rimarrà nei miei ricordi. Poi De Martino è una persona veramente fantastica: sono contentissimo che lui stia avendo un grosso successo come conduttore, in un format già usato da diversi conduttori come Affari tuoi.

Sai che io poi faccio le imitazioni degli animali, no? Bene, la cosa divertente è che lui si è messo a fare il condor con me. C’è un proprio video dove noi facciamo il condor, che mi ha chiesto lui. Proprio una persona genuina!

Con Giangiquiz e Supergiangi hai completato la trasformazione da concorrente a quiz umano?

Ci tengo a premettere che questa esperienza fa parte della mia seconda vita televisiva. Un’occasione che mi fu offerta da Alma Radio: quando ho cominciato a lavorare con le radio e televisioni locali, mi venne infatti data l’opportunità di avere uno spazio domenicale, in radio, dove io dovevo fare un quiz.

Allora ho guardato a Mike Buongiorno, che è un po’ il modello di tutta la mia storia. È quello che mi ha portato più fortuna, ed io mi sono sempre ispirato a lui per realizzare Giangi Quiz, SuperGiangi Quiz e SuperFlash.

Poi sì, sono passato da concorrente a conduttore. Io faccio tante cose, sono poliedrico, imito, faccio il rumorista, ma devo dire che il ruolo del conduttore è quello che mi piace di più.

In questo devo molto anche a Frassica, che è un altro personaggio che ha cambiato la mia storia di spettacolo, insegnandomi le imitazioni un po’ surreali.

Chi mi ha insegnato a presentare invece sono stati Mike, Corrado, quelli vecchio stampo per intenderci, mentre per quanto riguarda quelli di ora torniamo a De Martino e Bar Stella, che però sono più un varietà. In ogni caso, presentare è il mio sogno, per questo lo faccio anche negli spettacoli che realizzo.

Quando io presento sento un po’ in me il Mike, il Mike scanzonato, anche se su certe cose ammetto candidamente di essere pignolo.

Capita spesso che siano gli uomini di spettacolo a dire a sé stessi Tu sì que vales?

A me è capitato. Però dipende però poi chi, perché ci sono delle persone che sono molto, molto presuntuose, piene di sé.

Io ne ho poi conosciute tante, ma non voglio parlare poi male di nessuno. Anche perché io mi sono trovato bene praticamente quasi con tutti.

Poi dipende. Come dicevo prima, c’è stato un cambiamento, nell’ambito della televisione. Una volta c’era un rapporto più umano, ti relazionavi con la redazione.

Adesso, e accade in tutti i programmi, sei diventato un numero. Una volta il conduttore si metteva in contatto con i concorrenti, adesso i concorrenti sono appunto come numeri, quindi le cose sono molto, molto cambiate.

Vedi, per dire, un programma come Avanti un altro, in cui praticamente ci sono tante persone che si susseguono. Ma cosa rimane? Quello è il discorso fondamentale.

Hai recitato in Mio fratello rincorre i dinosauri. E tu cosa rincorri?

Secondo me c’è qualcosa che non è che ha aiutato la televisione, ma l’ha distrutta, e sono i reality. Io ho anche partecipato ai primissimi provini del Grande Fratello, ed era inizio secolo.

Chiaramente all’epoca non si sapeva ancora cosa fosse. Di provini ne ho superati due, poi quando sono arrivato verso la fine mi hanno scartato, immagino che cercassero un altro tipo di volto.

Ecco, io ho un sogno. Quello che rincorro è che mi piacerebbe entrare in un reality per dare più umanità.

E mi verrebbe da dire anche per distruggere, sì, distruggere il brutto, ma allo scopo di tirar fuori il buono.

Per il resto, sto scrivendo. Sto cercando di rispolverare il genere del varietà, che in apparenza sembra superato perché in giro non se ne vedono più, ma in realtà non lo è.

Nella vita Quelli del telecomando sono quelli che fanno zapping di relazioni o quelli che alzano il volume per ascoltare meglio?

Una premessa, in merito a questo spettacolo. È un’idea che nasce dall’anniversario dei settant’anni della televisione.

L’ho scritto, facendo tre repliche, ispirandomi al mondo ed alla storia, della televisione. Voleva essere una sorta di contatto fra la televisione di una volta e quella di adesso.

Tornando alla domanda, direi che si tratta di sicuramente di quelli che fanno un zapping di relazioni.

Donne…Azione, Donne in scena: quanto ha contato per la tua vita professionale la prospettiva femminile?

Allora, io sono nato in un ambiente femminile, perché erano tutte zie e quando ero bambino vivevo con loro. La donna è stata dunque un elemento fondamentale nella storia della mia vita.

E nei miei spettacoli rappresenta anch’essa fonte di ispirazione. Tant’è che tra le varie canzoni, balletti e gag, racconto anche qualcosa che ho vissuto realmente in prima persona.

Quindi per questo c’è una presenza femminile tanto rilevante. Per me una vita senza la donna non avrebbe senso.

Perché il tuo ultimo spettacolo si chiama semplicemente Festival?

Allora, devo dire che il titolo è stato un po’ sofferto. Poi dopo mi è venuta un’ispirazione, sempre dovuta alla mia deformazione televisiva.

All’inizio doveva chiamarsi Lo Spettacolone, perché era una specie di varietà con un insieme di numeri.

Sono partito dalle donne, come dicevo prima: Donne in scena, Donne… Azione, Quelli del telecomando. È un po’ la storia della mia vita, in fondo.

L’ultimo spettacolo si è quindi sviluppato come un puzzle. Ho fatto un collage di numeri che avevo già proposto negli altri tre spettacoli, ma sono però premurato di aggiungere, chiaramente, anche dei numeri nuovi.

E quindi è come un festival. Una cosa un po’ scanzonata tra musica, cabaret e balletto.