“Sant’Ignazio di Loyola”: un film gesuita

Vox populi, vox Dei. E la vox populi, in questo caso, con un moto di spirito afferma che neanche Dio sappia cosa c’è nella testa di un gesuita.

Un modo, tra il serio e il faceto, per dire che il mix di complessità di ragionamento, astuzia profonda e raffinatezza intellettuale di chi appartiene alla Compagnia di Gesù è imperscrutabile. Ed imprevedibile, come abbiamo visto con papa Francesco.

L’opinione sui gesuiti è ambigua, come sono ritenuti ambigui i gesuiti stessi. Propensi al discernimento, sì, ma anche opachi. Strategici, sì, ma spesso criptici.

Ma da dove deriva questa attitudine? A tale domanda sembra poter (e per certi versi voler) dare risposta il film Sant’Ignazio di Loyola, del 2016

Produzione filippina in lingua inglese, questo lungometraggio si basa sulle memorie dello stesso santo basco. Nella fattispecie, si tratta di un’opera ne approfondisce le radici della conversione e gli inizi della predicazione.

Solitamente in questo tipo di operazioni si cerca di stimolare un processo di identificazione tra lo spettatore e il protagonista. In questo caso, invece, la logica alla base assume contorni diversi.

Chi guarda è infatti posto al fianco del giovane Iñigo, accompagnando quest’ultimo come una presenza discreta ma fissa. Così facendo, si assiste da fuori alla metamorfosi del nobile basco da soldato impavido e focoso a predicatore calmo e riflessivo.

L’incontro con la Parola di Dio, da lui inizialmente ritenuta noiosa, lo cambia a poco a poco. Da uomo che agisce d’istinto, Iñigo infatti si fa progressivamente dedito alla contemplazione.

Non è un’asceta in senso stretto, però. Potrebbe piuttosto essere definito un pensatore che si immerge ed invita ad immergersi nelle profondità più impervie del proprio animo al fine di discernere la volontà di Dio nella propria vita.

Naturalmente questo metodo innovativo non può che attirare le attenzioni dei guardiani della giusta dottrina. Si tratta, ovviamente, dell’Inquisizione spagnola, storicamente più temibile rispetto a quella di altri territori.

Iñigo affronta tuttavia il processo serenamente. Il pericolo per la propria incolumità non scalfisce la sua consapevolezza che, a prescindere dall’esito, sarà in ogni caso compiuta la volontà di Dio.

Proprio questo suo abbandonarsi alla Provvidenza è un ulteriore segno della forza d’animo che ha sviluppato nell’incontro con il Vangelo. Ed il fatto che i suoi metodi vengano alla fine ritenuti inconsueti, ma fedeli alla dottrina, alla fine gli dà ragione in merito al sentiero intrapreso.

Sant’Ignazio di Loyola non è dunque un film biografico in senso stretto. Esso assume piuttosto i contorni di un’interpretazione romanzata di un percorso personale di conversione.

Un lungometraggio godibile, che sopperisce alle lacune tecniche cercando di sviscerare la chiamata personale di ogni individuo. Un modus operandi, si potrebbe concludere, perfettamente gesuita.

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