La notizia risale a quasi un anno fa, ma siccome è rappresentativa del periodo attuale diventa per certi versi naturale ripescarla e contestualizzarla adeguatamente. Con buona pace di chi pensa che qualcosa accaduto la mattina sia già vecchio la sera.
Dunque, nel marzo del 2024 Alessandro Barbero aveva in programma una lezione pubblica su Federico II nell’ambito dei festeggiamenti dell’omonimo ateneo di Napoli. Fin dal mattino, hanno riportato i quotidiani, gli studenti si erano messi in fila per ottenere un posto per ascoltare il medievista torinese.
In breve tempo l’evento è andato esaurito. Che per il Professore (maiuscolo d’obbligo) non sarebbe nemmeno una novità, ma lo diventa se, come in questo caso, si pone l’accento sulla giovane età dell’uditorio accorso.
Una testata riporta, in merito, l’entusiasmo di una ragazza, che afferma che Barbero fa appassionare gli studenti alla storia, rendendola una materia interessante. E qui una domanda sorge spontanea. Anzi, più d’una.
La prima: ma non ci avevano detto che i giovani detestano la Storia? Che la trovano una materia noiosa insegnata in maniera asfissiante? E per giunta inutile, in quanto bisogna solo ricordare senza capire?
Alla luce di tale premessa, diventa dunque difficile spiegare come mai gli studenti si siano accalcati per ascoltare eventi lontani nel tempo e nello spazio. E no, l’abilità di Barbero non è una spiegazione sufficiente.
Va bene, è chiaro si tratti di una persona che ha un’enorme capacità di coinvolgere, grazie al suo stile passionale ed ironico al tempo stesso. Tale grande capacità narrativa non può tuttavia far dimenticare che si tratta sempre un individuo solo, e difficilmente un individuo da solo può invertire una tendenza in maniera così netta.
Sospendiamo un attimo la questione e passiamo ad un’altra domanda, parallela alla prima: il politologo statunitense Francis Fukuyama non aveva esplicitamente annunciato, in un celeberrimo volume, che la Storia era finita? Che il processo di evoluzione dell’essere umano era completato (e aveva gli Stati Uniti nel suo apice, of course)?
Qui davvero si va in bambola totale. Non solo gli studenti corrono in massa ad ascoltare una materia inutile, superflua, obsoleta, e che per di più è stata loro proposta, nella scuola dell’obbligo, in maniera noiosa.
Ecco che allora, forse, risulta necessario allargare la prospettiva. Ovvero smettere di guardare a come la storia è passata dalla cattedra ai banchi di scuola, e concentrarsi su come essa sulla cattedra è effettivamente arrivata.
E com’è arrivata? Come qualcosa che, appunto, era finito, tanto adesso saremmo stati tutti felici e il mondo avrebbe guardato alle magnifiche sorti e progressive dell’Occidente anelando il raggiungimento del medesimo benessere.
Se dunque la storia si concludeva, non c’era alcuna ragione per mostrarla nel suo complicato quadro di intrecci etnografici, sociologici e culturali. Bastava semplicemente renderla, appunto, una serie di date ed eventi più o meno importanti, e per il resto che meglio le materie STEM, certamente più utili sul mercato del lavoro!
Già. Peccato che non era vero. Peccato che i giovani, com’è naturale da sempre per i giovani, cerchino risposte, e vogliano approfondire le proprie radici, anche quando qualcuno dice loro che non è il caso, che il passato è dolore e che bisogna solo guardare al futuro perché sarà sicuramente meglio.
L’esplosione del Barbero pop non è dunque, in ultima analisi un mero fatto di qualità della narrazione. È una sete che viene soddisfatta in modo esaustivo e dinamico, invece che in modo piatto e fatalista. C’è differenza, e si vede.