Chi lo ha conosciuto da giovane, impegnato nei teatri più a misura d’uomo di Wadowice prima e di Cracovia poi, ha affermato che con la sua scelta di prendere i sacramenti la Polonia perdeva un grande attore. Ma è noto che Karol Wojtyla abbia poi dimostrato di saper stregare (absit iniuria verbis) palcoscenici ben più importanti e gremiti.
Era dunque logico che il suo passato sulle scene, congiuntamente alla sua storia molto particolare, attirassero dunque le attenzioni dell’arte “di massa” per eccellenza, il cinema. E così, Giovanni Paolo II è diventato soggetto di un buon numero di produzioni cinematografiche per il grande e piccolo schermo.
Iniziò il connazionale Krysztof Zanussi, il cui 1981 Da un paese lontano (ironia della sorte, l’anno dell’attentato), e poi toccò ad Albert Finney ed al suo Pope John Paul II, inedito in Italia ma disponibile su YouTube. Sono poi seguiti il film d’animazione Karol Wojtyla nel 2001, il lungometraggio Non abbiate paura di Jeff Bleckner nel 2005 e Non aver paura-Un’amicizia con Karol Wojtyla nel 2014, in cui Andrea Porporati approfondisce il rapporto del pontefice polacco con il maestro di sci Lino Zani.
Sempre in concomitanza con la morte di Giovanni Paolo II, inoltre, sono state trasmesse in televisione le miniserie Giovanni Paolo II, targata RAI, e quella Mediaset Karol-Un uomo diventato papa, quest’ultima seguita da Karol-Un papa rimasto uomo. Se si aggiungono tutti i documentari, e qualche film in cui compare sullo sfondo, è evidente che si tratti di una produzione certamente ricca.
Fin qui la quantità, ma la qualità? Ecco, lì si va a fasi alterne. Perché è vero che tutte queste opere colgono in maniera mirabile il carattere di Karol Wojtyla che le fonti intellettualmente hanno sempre descritto, ovvero un uomo saldo nei suoi principi ma intrinsecamente buono, a tuttavia lì si fermano.
A parte il film di Bleckner, che comunque non si spinge molto più in là rispetto agli altri, nella cinematografia sul pontefice polacco manca la parte filosofica, quella che sta alla base del pensiero di Giovanni Paolo II che vede la cultura come motore della storia. L’insistenza su certi gesti o certe frasi, unita talvolta ad una recitazione eccessivamente melodrammatica, restituisce quindi un personaggio che sembra perennemente in balia del sentimento.
Wojtyla era invece un filosofo capace di slanci passionali, un uomo dotato di intelligenza emotiva, capace di rivolgersi al cuore delle persone (quelle disposte ad ascoltare, of course) esprimendo concetti razionali. Chissà, forse, quando sarà la tempesta che sta cercando di cancellarne il lascito a furia di mezze verità e complete bugie, sarà possibile riportarlo di nuovo sullo schermo, magari con una serie tv che si prenda il tempo di raccontarne il personaggio in profondità.