Il Vangelo secondo Annalisa, noiosa provocazione

Cosa fa qualcuno nello show business quando deve tornare protagonista dopo essere finito per un attimo fuori dalle luci del jet set anche per poco tempo? Il più delle volte, prende di mira la Chiesa.

Ormai non è più neanche un giochino particolarmente originale. Anzi, è abbastanza banalotto, tanto da suscitare sdegno ormai solo in quegli utenti che hanno altro mestiere se non lo sdegnarsi.

Non così ha ritenuto Annalisa, vamp post-contemporanea elevata a maestra del pensiero da chi pensieri ne ha pochi. E spesso pure contraddittori, viene da aggiungere.

La canzone “Maschio” è ultimo manifesto dell’Annalisa-pensiero. Uno dei tanti pastiche che rimescola soluzioni già adottate dalla stessa cantante, e poi passate di moda.

Per tornare ad essere rilevante serviva altro. E allora via alla noiosa giostra, che però non è neanche emozionante.

Il Vangelo secondo Annalisa, infatti, risulta ancor più banale dell’atteggiamento dissacrante verso la Chiesa. E questo perché, semplicemente, rivela il nulla dietro la canzone.

Fa sorridere, per dire, il “Te lo giuro su Maria”, la prima frase che ha intenzioni marcatamente provocatorie. Quando infatti Cristo ci ammonisce a non giurare (Mt 5, 33-37) su Dio, su Gerusalemme, e neppure per la propria testa, perché non si ha il potere di rendere bianco o nero un solo capello, lo fa per ricordarci di evitare di straparlare, ovvero esattamente l’errore in cui invece incorre la performer.

Ancora meglio, poi, la frase “Ma perdona i miei peccati come ha fatto Gesù”. Dimentica, Annalisa, che dopo aver perdonato i peccati Cristo invitava a convertirsi, ad adottare uno stile di vita più dignitoso per sé stessi.

Da ultimo, lascia perplessi “Invertite Adamo ed Eva”. Affermazione che non ha di per sé alcun senso, se non quello di omaggiare lo zeitgeist attuale che farnetica di stereotipi di genere assegnati alla nascita.

Curioso, perché in realtà ad essere pieno di stereotipi sono proprio il testo e il videoclip della canzone. Vestita alla Mastroianni in “La dolce vita”, la nostra Nali ci racconta di come i maschi siano insensibili, irascibili, eccitati, materialisti e massimalisti.

Per fortuna c’è lei, Annalisa, a rivelarci che un maschio può anche piangere. Ma in fondo è questo il trucco del postmodernismo: coprire il proprio vuoto offrendo come novità qualcosa che si sa dall’alba dei tempi.

E allora ci sale un po’ la nostalgia per un anticlericale impenitente come Pierangelo Bertoli. Il quale almeno, ritenendo sbagliate quanto le posizioni di Giovanni Paolo II, esprimeva apertamente il suo dissenso.

Altri tempi, altre tempre. Ad essere uomini erano quelli, altro che quelli di Annalisa.

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