Se sei un utente con un minimo di raziocinio, a certe fesserie scritte dai media di settore non fai neanche caso. Se sei un pappagallo, le userai nelle discussioni social per darti un tono da sapientone.
L’ultima sparata, in ordine di tempo, è quella che paragona The Penguin, serie tv ambientata nell’universo narrativo di The Batman, a I Soprano. Una bestialità, come tutte quelle che prediligono l’immediatezza alla precisione.
Che il paragone tra Oswald Cobblepot e Tony Soprano non stia in piedi lo si intuisce anzitutto da una banalissima analisi di partenza. Basta infatti poco per rendersi conto che all’inizio delle rispettive serie, il secondo ricopre già un ruolo apicale, mentre il primo parte di rincorsa, tentando la scalata ad un impero criminale che non è il suo.
Da quanto si può intravedere dal primo episodio, quello che lo spettatore si trova di fronte è un Pinguino… tattico e nucleare, in quanto alterna di una fitta rete di intrighi e ad aggressioni rabbiose. Il fine ultimo è prendersi ciò che ritiene gli spetti di diritto, un filo conduttore distante dunque anni luce dalla lotta quotidiana per il mantenimento del potere de I Soprano.
A voler proprio cercare un paragone, The Penguin potrebbe essere considerata una rivisitazione in salsa gangster di House of Cards, o quantomeno di quelle prime stagioni cesellate alla perfezione. Come Frank Underwood, anche Oswlad ambisce a prendersi un ruolo preminente nel suo contesto di riferimento, liberandosi di chiunque lo intralci.
Ciò che quest’ultimo possiede rispetto all’ambizioso politico made in Netflix è, invece, una nemesi che sappia tenerglio testa. Se Underwood si è sempre trovato di fronte personaggi inetti ma tenaci che gli facevano solo perdere tempo, il Pinguino, sin dalle prime battute di questa serie, ha trovato un’avversaria che ad occhio e croce gli procurerà diversi grattacapi.
Cristin Milioti presta infatti il volto ad una Sofia Falcone che già ad oggi è uno dei personaggi femminili più interessanti dell’ultimo decennio. In superficie fragile ed empatica, essa ha ben presto rivelato un abisso interiore di cattiveria, sangue freddo e acutezza mentale da destare interesse in merito all’evoluzione della vicenda.
Non resta dunque che mettersi comodi e seguire il percorso tracciato da Matt Reeves. Magari evitando, nel tragitto, di dare retta a quelle sirene che non conoscono il significato di ciò che cantano.