Quando gli euroinomani liberali e con la pancia piena spiegano con dovizia di particolari che grazie la NATO ha regalato all’Europa ottant’anni di pace, il minimo sindacale è alzare il sopracciglio. Sembra quasi, infatti, che la guerra in Jugoslavia non sia mai accaduta, che certe scene quotidianamente presenti nei nostri telegiornali provenissero da un B-movie hollywoodiano girato con mezzi di fortuna.
Gianni Galleri ha l’indubbio merito di aver lavorato, grazie alle sue opere letterarie, per tenere viva questa memoria che invece per qualcuno è divenuta assai selettiva. I suoi preziosi racconti dell’Est Europa non sono infatti solo curiosità etniche per chi cerca una prospettiva esotica, ma riempiono di offrono un quadro più completo di quella terra cerniera che sono i Balcani.
Balkan football club è l’ultima delle sue fatiche, ed è una lettura cruciale. L’autore non si sofferma più di tanto su storie già dette e ridette, ma porta alla luce elementi nuovi.
Partizan Belgrado e Stella Rossa, Dinamo Zagabria e Hajduk Spalato rappresentano qui solo una parte dell’infinito impianto calcistico di queste terre. Un impianto che invece, proprio perché più ricco, si innerva nella storia e nell’identità di ogni singola cittadinanza.
In questo libro non troverà pane per i suoi denti chi è in cerca di aneddoti scabrosi sul calcio jugolsavo o o chi sbava per avere sfide internazionali d’alto rango ogni settimana in chiaro. Al contrario, Balkan football club è una scoperta partendo dalla prossimità delle squadre.
Le quali, come avviene anche in altri luoghi altamente conflittuali, rappresentano talora un simbolo di affermazione dell’identità, talora invece un modo per riunire sotto un unico tetto anime differenti. Ma questo è possibile saperlo solo se si approfondisce, senza retorica.
E Galleri è proprio questo che fa. Vede, registra, ricorda, e poi offre al lettore un punto di vista inusuale per aprire nuove finestre. E, per certi versi, per fare eventualmente piazza pulita di certi luoghi comuni duri a morire.