Fumetti USA: il Diavolo e l’Acqua Santa

La concomitanza tra l’inizio dell’Anno Giubilare, la fine delle festività natalizie e l’attesa per l’imminente Daredevil: Born Again ci offre lo spunto per affrontare la questione legata al cattolicesimo nei fumetti supereroistici. Una prospettiva interessante, e poco dibattuta.

Il più conosciuto, ça va sans dire, è ovviamente il summenzionato alter ego di Matt Murdock. Che, a onor del vero, non nasce negli anni Sessanta già fedele a Santa Romana Chiesa, ma lo diventa vent’anni dopo quando a prenderlo in gestione è l’ateo dichiarato Frank Miller.

Lo sceneggiatore newyorchese, in merito, nel 2003 affermò che DD doveva per forza essere cattolico perché solo un cattolico potrebbe essere un vigilante e un avvocato contemporaneamente. E non è esattamente un complimento.

Un ulteriore approfondimento rende ancora più interessante il tema. Da una rapida ricerca i cattolici di casa Marvel risultano infatti Kurt Wagner/Nightcrawler, Felicia Hardy/Black Cat, Remy LeBeau/Gambit, Eddie Brock/Venom e Susan Storm/Donna Invisibile.

Tradotto: uno che ha l’aspetto da diavolo, una ladra, un truffatore, un villain e una donna sposata che si è però ogni tanto concessa qualche… variazione sul tema con il Re di Atlantide. Anche qui, il cattolicesimo non ne esce benissimo.

Andiamo oltre la fu Casa delle Idee. Detto che Batman viene consideratoa volte ateo e a volte cattolico, i fedeli a Roma più conosciuti degli altri editori sono Dan Cassidy/Blue Devil e Helena Bertinelli/Cacciatrice della DC, ed Hellboy della Dark Horse.

Anche qui: due eroi con aspetto da diavolo ed un’eroina dai modi brutali e, per di più, nata in una famiglia mafiosa. Di male in peggio, verrebbe da concludere.

Insomma, il mondo dei fumetti statunitensi non ha particolare simpatia per il cattolicesimo e non fa nulla per nasconderlo. E dire che i cattolici negli USA sono una minoranza (20%), in un’epoca in cui abbondano le litanie sull’inclusività verso le minoranze.

Ma è probabile che non siano una minoranza “giusta”, in quanto tendenzialmente bianca e conservatrice. Non è perciò strano, in barba a qualsiasi retorica attuale, che quel 20% di cattolici americani debba sentirsi rappresentato da eroi che o hanno un sottotesto di inganno e ipocrisia oppure sono direttamente collegati con al locatario del piano di sotto.

E dunque via di vignette sul sacramento della confessione. La comunione, ovvero il sacramento fondamentale? Poco e niente, perché (luogo comune per antonomasia) conta soprattutto mostrare un cattolico oppresso dal senso di colpa.

Però… Però in fondo va bene così. Un po’ perché certi preconcetti è difficile cambiarli e dunque li si accetta con simpatia, senza offendersi, un po’ perché ciò che ha reso questi personaggi interessanti è stata proprio la loro lacerazione interna.

L’eterna lotta tra il tendere al bene e la tentazione del peccato è infatti, in fondo, propria di ogni animo umano. E dunque viva quei diavoli dei fumetti, pochi ma buoni, che si manifestano ancora fedeli all’acqua santa.