Habemus papam. Per la quarta volta di fila non è italiano, e per la seconda volta di fila non è nemmeno europeo.
Niente sciovinismo, per carità. La Chiesa ha di per sé una missione universale, e dunque se lo Spirito Santo ha ispirato il collegio cardinalizio verso un papa delle Americhe avrà le sue… sacrosante ragioni.
Solo che, a questo punto, il cattolicesimo europeo dovrà pur porsi una domanda sul perché è stato di nuovo suscitato un pontefice da oltre il Vecchio Continente. E magari darsi anche una risposta.
Una risposta che potrebbe non piacere, ma che parimenti risulta necessaria a comprendere le ragioni della crisi della Chiesa in Europa. Pena, chiaramente, la non risoluzione.
Intendiamoci, qui non parliamo di crisi di numeri. Il fatto che le chiese si siano sempre meno frequentate (che è diverso dal “Sono vuote!” come vorrebbe qualche nemico, e anche qualche falso amico) è la causa, e non la conseguenza, della crisi spirituale.
D’altronde, già negli anni Sessanta l’allora giovane teologo Joseph Ratzinger aveva preconizzato una riduzione di dimensioni e privilegi. Grossomodo una decina d’anni dopo, Giovanni Paolo II aveva poi parlato della necessità di una nuova evangelizzazione per l’Europa.
Il fatto che proprio gli ultimi due pontefici europei avessero intravisto l’imminente crisi non deve sorprendere. Una crisi che però, come accennato, non è tanto nei numeri, quanto nel cuore.
L’Europa ha infatti deciso di rifiutare in blocco il cristianesimo all’incirca quando è uscita dalla storia, diventando satellite dell’impero statunitense. E tra le due cose potrebbe esserci un nesso.
L’agiatezza di vita, l’assenza di guerre sul proprio territorio, l’economia assurta a motore dell’esistenza. Sono questi approcci, ed i loro derivati, all’origine dell’espulsione di Dio dalla società.
È l’apogeo, in questo senso, dell’ermeneutica illuministica. Le cose vecchie sono passate, adesso l’uomo moderno può vivere come se Dio non ci fosse, può essere artefice del proprio destino.
Un’illusione, naturalmente, perché, se tu ti dimentichi della Storia non significa che la Storia si dimentichi di te. Anzi, è molto probabile che prima o poi torni a bussare violentemente alla porta.
Sarà quello in cui l’Europa riscoprirà la testimonianza cristiana, che adesso sembra così perduta, come dimostra soprattutto l’accanimento economico contro la Grecia di un decennio fa? È plausibile, certamente.
Tuttavia, e qui bisogna essere onesti, non è sufficiente attendere che la Provvidenza faccia il suo corso. “Aiutati che Dio t’aiuta”, diceva un mai obsoleto proverbio.
Ecco quindi che occorre che la Chiesa europea faccia discernimento e capisca dove finora ha peccato. Soprattutto nella non credibilità dei suoi testimoni, vera croce della contemporaneità.
A furia di sentirsi ripetere dai soliti sospetti che la fede è una questione privata, alla fine anche il clero ha iniziato a crederci. Il risultato è stato lo svilupparsi di un annuncio tiepido, mondano, congiuntamente all’abbandono al suo destino di chi a tale logica non si è invece piegato.
Il problema, quindi, non è l’inserimento o meno di un riferimento alle sue radici cristiane nella costituzione europea. Per carità, a livello simbolico è importante, ma non è con gli atti politici che tale crisi verrà risolta.
La Chiesa europea uscirà invece dalla sua crisi nel momento in cui il popolo di Dio composto da laici, presbiteri, teologi e vescovi si risveglierà in blocco ed in blocco prenderà coscienza della sua missione. Una missione che consiste nella testimonianza dell’annuncio del Vangelo.
Una testimonianza che non deve essere scialba o piaciona per non avere rogne. Al contrario, essa va esplicitata, resa viva, autentica e non disposta a compromessi con il mondo, amando i peccatori ma chiamando il peccato con il suo nome. Né più, né meno.