E arrivasse davvero Pio XIII?

A preconizzarlo era stato Paolo Sorrentino. Un papa rigorosissimo, fedele all’ortodossia al punto da sfociare più volte nell’intransigenza più cieca, estirpando la figura del pontefice dalla modernità per restituirla all’inaccessibilità dell’epoca pre-mediatica.

Il Pio XIII di The Young Pope era esattamente questo, un cattolico radicale. Radicale al punto da riprendere simboli come la sedia gestatoria o la tiara che i papi post-conciliari hanno invece abbandonato, in quanto vessilli di un potere temporale ormai alle spalle.

A parte l’interpretazione di Jude Law, e la stessa presenza scenica dell’attore, sicuramente parte del fascino del Pio XIII di Sorrentino risiedeva proprio questo suo approccio massimalista alla fede, così incompatibile con la Chiesa attuale. O forse no.

Perché è vero, in seguito al Concilio Vaticano II la Sposa di Cristo ha deciso di relazionarsi con il mondo in maniera più assertiva. Tuttavia la questione dell’annuncio evangelico resta centrale, soprattutto dopo la scomparsa di papa Francesco.

Pur essendo presto per trarre un bilancio sul pontificato appena concluso, infatti, sicuramente possiamo già dire che quest’ultimo ha avuto un impatto fortissimo tanto sulla pastorale quanto sulla comunicazione. Rimettendo gli emarginati al centro del dibattito, la Chiesa ha operato uno switch, entrando nelle discussioni anche di chi aveva deciso di ignorarla.

Una tale impostazione, tuttavia, ha avuto un altro lato della medaglia. Certi temi attuali particolarmente caldi, infatti, sono stati trattati con ambiguità, confondendo le acque a livello dottrinale.

Se è vero il detto che sostiene che un papa corregge gli errori del predecessore, è quindi verosimile che il successore di Francesco intervenga per fare chiarezza in materia. Da qui l’ipotesi Pio XIII.

Il nome di “Pio”, dopo la scomparsa di Eugenio Pacelli nel 1958, è stato accantonato. È ragionevole pensare, pur non avendone certezza, che in tal senso abbiano pesato le insensate polemiche sul suo ruolo nella Seconda Guerra Mondiale e i relativi rapporti sempre delicati con l’ebraismo.

Tuttavia, visti gli scenari di guerra la cui ombra incombe minacciosa, così simili a quelli di quando fu eletto Pacelli, sembrano quasi suggerire che i tempi potrebbero essere maturi per un Pio XIII. A rafforzare questa convinzione, come detto, la necessità di una barra a dritta sul fronte dottrinale.

Chi potrebbe assumere questo nome una volta eletto? Difficilmente candidati come Matteo Maria Zuppi (pur essendo romano come Pacelli) o Luis Tagle, peraltro studioso di Paolo VI.

Forse Pietro Parolin, che ha grande esperienza diplomatica ed era Segretario di Stato come Pacelli lo fu di Pio XI. O forse uno tra l’ungherese Peter Erdo o l’olandese Willem Eijk.

Oppure, perché no, uno statunitense come il Lenny Belardo di Sorrentino. Si immagina, il lettore o la lettrice, il paradosso della finzione televisiva che diventa realtà?

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