La Terra Santa è un luogo di contraddizioni. Tipicamente mediorientale, eppure per certi versi anche molto occidentale. Conflittuale, ma anche pacifica allo stesso tempo.
Il profeta Ezechiele la definisce “ombelico del mondo”. Non a torto, visto che è una miniatura della realtà globale dell’essere umano.
Una visione che tocca anche i Padri della Chiesa e arriva fino ai giorni nostri. Per la precisione fino a Pierbattista Pizzaballa, ieri custode di Terra Santa e oggi Patriarca di Gerusalemme dei Latini.
L’ecumenismo, diceva quest’ultimo nel libro Il custode di Terra Santa con Piergiorgio Pescali, non è solo la pacificata Assisi, ma anche le dispute nella Città Santa. Una precisazione molto puntuale.
L’ultra-trentennale permanenza fa del porporato francescano un testimone credibile di quanto accade laggiù. Specie da quando i luoghi sacri per eccellenza sono tornati al centro delle cronache.
Pizzaballa definisce la Terra Santa come un luogo in cui i singoli tasselli sono rappresentati da cristiani, ebrei e musulmani. Qualora ne mancasse uno, il mosaico sarebbe incompleto.
La convivenza secolare in realtà ha reso tutti e tre i gruppi maggiormente tolleranti a vicenda. I problemi, e lo abbiamo sotto i nostri occhi ogni giorno, vengono come sempre accade dagli elementi estremi.
A non aiutare a pacificare la situazione vi sono, inoltre, gli interventi da parte della politica esterna. La quale è talmente occupata a stendere pagine e pagine di trattati da non rendersi conto che essi hanno respiro cortissimo, se non vengono pensati in relazione al territorio.
Ma è abbastanza naturale che ciò avvenga. Come possono risultare efficaci questi accordi à la carte se vengono promossi da un Occidente laico e post-religioso, dove i piani civile, religioso e identitario sono separati, e non uniti come in Terra Santa?
Non può, ed infatti vediamo che qualsiasi intervento occidentale è nel migliore dei casi inutile, nel peggiore deleterio. E sarà così finché l’Occidente non recupererà la propria matrice religiosa.
Beninteso, che la religione e politica in Terra Santa devono agire separatamente. Pizzaballa nel libro specifica infatti che, se non vogliono essere trattati da politici, i religiosi devono fare i religiosi.
Che nel concreto significa denunciare le ingiustizie, ma pensando prima di tutto a stare vicino alla gente, portando un aiuto concreto dove c’è bisogno. Soprattutto nei momenti più delicati.
Un compito, quello di supporto, che è particolare responsabilità della minoranza cristiana. Chiamata in questo senso ad essere ago della bilancia tra ebraismo ed islam, senza favoritismi o preclusioni.
Il custode di Terra Santa, insomma, si segnala come volume leggero ma ricco di spunti di riflessione. In grado di offrire, inoltre, uno sguardo sugli eventi attuali nonostante sia datato 2013.
Un libro da leggere, insomma, per provare a comprendere un po’ meglio le cronache dei giorni nostri senza i preconcetti del mondo occidentale. Un passo necessario per provare ad avere una prospettiva più chiara del dramma mediorientale.