“Il punto centrale di una possibile pacificazione rimane la questione di Gerusalemme. Tanto la Cisgiordania che Gaza guardano a Gerusalemme”.
Così, semplice, senza fronzoli né isterie da dibattito televisivo. Un punto di vista troppo spesso ignorato, e invece rimesso “al centro del villaggio” da Francesco Patton.
Patton, con l’accento sulla “o”. Anche se il patriarca ortodosso Teofilo, in un moto di spirito e giocando con una nota figura storica, lo ha ribattezzato “general Patton from the Brown Army”.
La “Brown Army”, “l’esercito marrone”, è ovviamente l’ordine francescano. Nel quale Patton è entrato giovanissimo, e che dal natio Trentino lo ha condotto fino in Terra Santa.
Al vertice della Custodia di Terra Santa, per la precisione. Ossia la provincia dell’ordine dei Frati Minori che comprende Israele, Palestina, Siria, Giordania, Libano, Cipro e Rodi.
Eretta canonicamente nel 1342 da papa Clemente VI, e da allora riferimento del mondo cattolico per quanto riguarda i luoghi sacri. Insomma, una sfida delicata, soprattutto in tempi recenti.
Come un pellegrinaggio è una sorta di ideale sequel del già affrontato La custodia di Terra Santa. Non solo per la forma di libro-intervista, ma anche per la densità di significato in rapporto alla brevità delle pagine.
E come il precedente, anch’esso è un invito implicito a uscire dalla mentalità occidentale. Non per universalismo di facciata, ma perché altrimenti risulta impossibile comprendere la Terra Santa.
Come Pizzaballa, infatti, anche Patton sottolinea che tutti i possibili accordi mediati dall’Occidente sono naufragati perché presi a tavolino. Senza inserirsi davvero nel contesto di quei luoghi.
Luoghi in cui la fede collettiva si mescola all’identità, ed entrambe si irrigidiscono nel conflitto. Un processo incomprensibile, nel secolarizzato e (sempre meno) benestante Occidente.
Patton, in questo senso, offre un elemento ulteriore. L’ex-Custode, infatti, spiega che i cristiani sono gli unici che possono fungere da cerniera tra mondo ebraico ed islamico, e con entrambi intessono relazioni.
Questo è possibile perché sono percepiti come non pericolosi, e perché hanno un’attitudine naturale al ricucire. E soprattutto perché, essendo di composizione eterogenea, la loro fede è svincolata dall’appartenenza etnica.
Attenzione, però, perché c’è differenza tra mediazione e neutralismo. I cristiani infatti, dice Patton, sono sempre schierati con i più deboli, con i sofferenti e con gli innocenti.
Patton, dunque, offre della Terra Santa un quadro sociale svincolato da qualsiasi istinto manicheo. Una prospettiva necessaria, per meglio comprendere quanto vediamo ogni giorno sui media.