“Mi scusi Presidente, lo so che non gioite se il grido ‘Italia, Italia’ c’è solo alle partite, ma un po’ per non morire, o forse un po’ per celia, abbiam fatto l’Europa, facciamo anche l’Italia”.
Il versetto è quello finale di “Io non mi sento italiano”. Una canzone in cui Giorgio Gaber evoca, in maniera irriverente ma puntuale i vizi e le virtù del popolo italiano.
Un brano che meriterebbe di essere sviscerato in maniera capillare, a cominciare da quando l’autore evidenzia che noi italiani ce la crediamo meno di altri popoli perché abbiamo capito che il mondo è un teatrino. Ma è l’accostamento che Italia e Nazionale di calcio, in questo caso, ad interessarci.
La storia del nostro Paese, si sa, è travagliata. Per arrivare ad un’unità nazionale ci è voluto un processo lungo, che ancora oggi appare su certi fronti alquanto controverso.
Naturalmente si intende qui “unità nazionale” a livello politico. Su quello sociale permangono infatti differenze ancora lungi dall’essere risolte, sempre ovviamente che siano risolvibili.
Questo chiaramente lo abbiamo in comune con altri Paesi, come Germania, Spagna o la stessa Francia, per tacere poi della Gran Bretagna. Tuttavia, nella narrazione oicofoba che ci siamo imposti, sembra quasi che tale piaga sia soltanto nostra, mentre da noi è meno sfumata che altrove.
Con la popolarità del gioco del calcio la Nazionale azzurra diventa perciò il fattore che riesce dove la pedagogia nazionale fallisce. Ovvero nel compattare i cittadini italiani.
Leggere il libro di Alfio Caruso Un secolo azzurro, significa quindi in questo senso approfondire lo studio del maggiore aggregatore sociale dell’Italia unitaria. E un aggregatore spontaneo, per giunta.
In maniera brillante l’autore infatti lega la storia degli Azzurri sia a quella del campionato nazionale che, soprattutto, a quella politica e sociale del Paese. Una trattazione che risulta davvero stimolante.
Con una prosa che alterna toni umoristici, pungenti e caustici, Caruso affresca un ritratto della Nazionale che è anche un ritratto dell’Italia in sé. Non facendo sconti a nessuno.
La Nazionale italiana degli italiani è come l’Italia degli italiani. Nobile e intrallazzona, tattica e viscerale, arroccata sulle tradizioni oppure attenta a mescolare il vecchio e il nuovo.
Il lettore così ha modo di incontrare Giuseppe Meazza e Achille Starace, Vittorio Pozzo e Gianni Agnelli, Gigi Riva e Giulio Andreotti, Enzo Bearzot e Sandro Pertini (che sono in copertina), Marcello Lippi e Silvio Berlusconi.
Una lettura dunque davvero interessante. Ed è un peccato si fermi al 2010, senza quindi poter approfondire la finale di Euro 2012 e la crisi economica, la mancata qualificazione ai Mondiali nel 2017 e i tre esecutivi della XVII legislatura, o la vittoria ed Euro 2020 e gli anni pandemici.
Ma a parte questa comprensibile lacuna. A prescindere dalla quale, Un secolo azzurro resta comunque un libro preziosissimo per come contestualizza il calcio italiano nella società nostrana.
E pazienza se, come cantava Gaber,il grido “Italia, Italia” c’è solo alle partite. In fondo, siamo pur sempre quelli che hanno capito che il mondo è semplicemente un teatrino.