Messa in latino, messa al bando

“Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò alla morte il tuo diritto a dirlo”. Un assunto che per lungo tempo è stato attribuito a Voltaire, anche se da qualche anno è arcinoto che il filosofo parigino mai ne fu autore.

Niente di cui sorprendersi, per giunta. L’acrimonia intrinseca del pensatore illuminista, dalla quale i giacobini poi attinsero a piene mani, mal si concilia con la generosità della frase in questione.

È così che arriviamo ai giacobini di oggi, che come quelli di ieri ammantano di nobili concetti la loro violenza verbale, per renderla giustificabile. Si atteggiano a difensori della giustizia, ma in realtà sono oppressori senza neanche troppo mentite spoglie.

La chiusura del blog Messa in latino di qualche settimana fava proprio in questa direzione. Un atto incongruo, arbitrario e vergognoso. E questo a prescindere da come si concluda il ricorso avviato dopo l’evento.

Una decisione, quella di Google, che è stata presa ed attuata immediatamente, senza fornire preavvisi. La motivazione, vaga, è il classico “hate speech”.

Formuletta che vuol dire tutto e non vuol dire nulla, ma che serve sostanzialmente a mettere al bando le voci sgradite a quelli che piacciono alla gente che piace. Tutto ciò che si distanzia dalla narrazione più mondana può diventare “hate speech”.

Tale concetto va a braccetto con quello di “safe space”. Ovvero, traducendo senza falsità, l’annichilimento, in un dato ambiente, di qualsiasi voce dissonante.

Ora, va da sé che ciò abbia ampi costi a livello sociali, tipo l’incapacità degli attivisti di affrontare il dissenso. E visto che questi ultimi sono quasi tutti giovani, è il preludio ad uno sviluppo personale irreale, perché senza ostacoli, che rende impreparati alla vita vera.

Ma gli aspetti sociologici ci porterebbero più in là rispetto al vero snodo cruciale della chiusura di Messa in latino. Che è, semplicemente, il rilancio della censura.

Una censura che i censori naturalmente giustificano come legittima, giusta, doverosa per la salvaguardia dei più deboli. E nel mentre, però, continuano a sproloquiare (con appigli storici alquanto confusi) della pericolosa Inquisizione e della Chiesa retrograda e bigotta.

Due pesi, due misure. Se lo fanno gli altri è scorretto, se lo facciamo noi invece abbiamo motivazioni… sacrosante.

Il blog è stato, metaforicamente ma non troppo, la testa più importante ad essere caduta finora. Diciotto anni di attività, ventiduemila articoli spariti con uno schiocco di dita.

Le reazioni internazionali a questa decisione d’imperio sono state sicuramente un segnale confortante. Significa che non c’è arrendevolezza, che esiste una comunità disposta a dire di no.

Si tratta, nello specifico, di quel mondo che ha cura della tradizione cattolica e vuole valorizzarla, al di là delle etichette di conservatorismo distribuite da chi divide il mondo in buoni e cattivi (e i buoni sono sempre i progressisti, ovviamente). Basta? No, ma è un inizio.

Messa in latino , in ogni caso, negli anni ha offerto spunti di riflessione interessanti. Ma, soprattutto, ha funto da pungolo tanto per le istanze mondane quanto, soprattutto, per quel clericalismo appiattito su queste ultime.

Il suo ripristino è quindi un atto dovuto, e che tale scandalo non sia già finito sulle pagine delle più importanti testate la dice lunga su quanto anch’esse siano conniventi con chi ha voluto questa irriguardosa repressione del pensiero libero. Libero, come la verità di Cristo che rende liberi.

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